Ti sei mai chiesto qual è l’origine delle carte napoletane? Sono sicura che almeno una volta nella vita ci hai giocato o ti sei fermato a guardare qualcuno impegnato a farlo.
Le origini delle carte da gioco
È difficile collocare l’origine delle carte da gioco in un’epoca definita. Molto probabilmente le prime testimonianze risalgono al X secolo in Cina, poco dopo l’invenzione della carta: erano usate come denaro reale e nei giochi avevano la doppia valenza di strumento di gioco e premio finale.
Qualche secolo dopo, verso la fine del 1300, le carte da gioco arrivarono anche in Europa, grazie ai rapporti commerciali con l’oriente, attraverso i Mamelucchi. Il mazzo di carte mamelucco era abbastanza simile a quello delle carte napoletane: composto da quattro semi (bastoni, denari, coppe, spade), ogni seme comprendeva tredici carte, dieci numerate e tre figure (re, viceré, secondo viceré). Queste ultime non rappresentavano persone ma segni astratti, in quanto la legge islamica vietava la rappresentazione di figure umane.
Il primo paese ad adottare le carte da gioco fu la Spagna. L’utilizzo si diffuse in tutto il paese a tal punto che a Barcellona nel 1377 fu avviata la produzione. Qui furono adattate alla società europea e le figure assunsero le sembianze di re, cavalieri e servi.
Le carte napoletane
Sotto la dominazione spagnola dei Borboni le carte arrivarono a Napoli nel XVI secolo e non è un caso che le carte napoletane e quelle spagnole siano molto simili. Il gioco si diffuse a tal punto che nel 1577 il viceré spagnolo introdusse una tassa sulle carte napoletane.
Composto da 40 lame, il mazzo era suddiviso in quattro semi: coppe, bastoni, denari e spade. Secondo un’ipotesi molto diffusa, i semi rappresentavano le classi sociali medievali: coppe il clero, bastoni i contadini, denari i mercanti e spade i soldati.
Le carte erano la voce del popolo e a produrle erano dei veri e propri artisti che rappresentavano sulla carta delle scene di vita quotidiana. Quello dei disegnatori di carte divenne una professione molto ambita, tramandata di padre in figlio e le contraffazioni erano punite con pene molto alte per chiunque stampasse carte napoletane prive di sigillo reale.
Le figure delle carte iniziarono ad assumere sempre di più le sembianze di personaggi reali: il 10 di spade divenne Re Ferdinando, il 9 di spade rappresentava il cavaliere mediorientale con scimitarra e turbante. Inoltre, i disegni potevano essere adattati ai tempi ma i semi non potevano essere modificati in quanto gesto foriero di cattiva sorte.
Le carte napoletane non venivano utilizzate solo per gioco ma con gli anni divennero lo strumento di lavoro di maghi e fattucchiere. A queste ultime ricorrevano le mogli dei soldati: non potendo comunicare con i congiunti al fronte si affidavano alle anziane donne per conoscere la sorte dei loro amati.
Caratteristiche delle carte napoletane
Le peculiarità grafiche del mazzo di carte napoletane sono:
- immagini non elaborate e con pochi dettagli:
- figure intere per fante, cavallo e re, rappresentati con abiti ottocenteschi;
- asso di denari rappresentato dall’aquila a due teste;
- il colore del seme di denari è il giallo ed è rappresentato come stelle;
- il seme di bastoni è caratterizzato dalla presenza di mazze di legno con una striscia di foglie;
- il fante ha le sembianze femminili e per questo viene comunemente detto “la donna”;
- il tre di bastoni è detto “gatto mammone”, dal nome di una figura popolare usata per spaventare i bambini;
- il cinque di denari sembra raffigurare il sole al centro e quattro stelle ai suoi lati;
- le carte più apprezzate sono il re denari o “Matta” che nel gioco del sette e mezzo può assumere qualsiasi valore, e il sette denari, detto anche “Sette Bello”, che nella scopa fa un punto a sè.
I tarocchi
Una curiosità legata alle carte con figure: in pochi sanno che possono essere chiamate anche tarocchi. Queste furono le prime a diffondersi, prendendo il nome di Naibi.
Le carte napoletane al cinema
Nel cinema italiano sono diversi i film in cui una partita a carte napoletane assume una particolare importanza. Degno di nota il capolavoro di Luigi Comencini Lo scopone scientifico e l’episodio presente in L’oro di Napoli di Vittorio De Sica, dove il conte Prospero viene ripetutamente sconfitto al gioco della Scopa dal piccolo Gennarino, figlio di otto anni del portiere.